Vivo a Milano da 26 anni, è la mia casa ormai, ma tutt’ora ancora mi capita di ritrovarmi in posti, in luoghi, in strade i cui nomi li riscopro poi in angoli remoti della mia memoria.
Ricordi dati da storie, aneddoti, situazioni, raccontati intorno ad un tavolo, davanti al bar, in un gruppo di amici nei caldi agosti montoriesi, oppure nelle lunghissime serate di tombolate natalizie.
Eh si perché quelli erano i momenti che i montoriesi emigrati a Milano rientravano al paese, per passare le feste ed i momenti di vacanza con le famiglie e gli amici di una vita.
Non per la festa di San Costanzo, prerogativa invece dei canadesi che rientravano con interi voli charter; i milanesi di Montorio c’erano per la Sagra delle Tolle, per i giochi podistici, per il ferragosto, quando Milano si spopolava di tutti i “terroni” che rientravano nelle loro case al sud.
E in quelle settimane ci raccontavano della loro Milano.

Io me li ricordo bene i fratelli Tonino e Peppino Della Rocca (uno dei due mi incuteva molto timore) fratelli di Oreste ed Alfredo, Cosimo della Rocca (ricordo ancora il pallone della juve e le scarpette che fece arrivare sulla culla di mio fratello Giuseppe il giorno della sua nascita), Raffaele Ruocco, Antonio Pietrantonio, il figlio di Giammettist (le lunghe estati a giocare con i suoi due figli Davide e Gianluca), Iside, Gigino (u surd) con la moglie, e ce ne saranno sicuramente altri, ma questi sono quelli con cui io più o meno ho avuto contatti, confronti, derivanti dall’amicizia che li legava ai miei genitori.
Milano, fin da quell’età, ha rappresentato per me, l’alternativa nostrana , nazionale, all’emigrazione canadese, americana: la possibilità più vicina, più a portata di mano, di poter realizzare i propri sogni, di poter dare una svolta alla propria vita, di affermare i propri talenti senza dover attraversare un oceano.
I Montoriesi emigrati a Milano hanno contribuito, come tantissimi altri meridionali, a rendere grande questa città .
Mi é capitato di vedere una bellissima mostra su Milano degli anni 60, con i cantieri delle metropolitane avviate, le acciaierie con i loro camini fumanti, le strade e il futuro da costruire, ed in mezzo a tutti quegli uomini e donne ritratti nelle foto, ho immaginato i nostri compaesani che si ritaglia-vano il loro posto nel mondo, affrancandosi da miserie e povertà, ma sempre orgogliosi e fieri delle proprie origini.

Nei loro racconti, quando li sentivo parlare con i miei genitori, c’era un mondo lontano dal nostro: i palazzi, gli appartamenti, i tram e il metrò, i Grandi Magazzini, la possibilità di imbattersi in persone importanti, frequentare i teatri, il cinema , i cabaret, vedere il Milan a San Siro!
Mi arrivava il luccichio della città, l’America in Italia, l’avercela fatta. Beati loro! pensavo.
Sicuramente a quell’epoca mi sfuggiva il rovescio della medaglia: l’aver abbandonato la propria terra e il mondo che essa rappresentava, gli amici, la famiglia. Aver dovuto affermarsi in un posto che sicuramente è stato ostile nei loro confronti, il non sentirsi mai a casa (sentimento che spesso ho ritrovato nella mia esperienza un po’ girovaga per il mondo) e il dover sottostare a regole, tradizioni e costumi diversi.
Però mai mi è arrivata da loro la sensazione che avrebbero voluto essere altrove!
E cosi mi ritrovo oggi , dopo quasi mezzo secolo, nella stessa città che un tempo ha accolto i miei compaesani , ad essere accolta a mia volta e ad avere la stessa sensazione: di non voler essere altrove.
Ovviamente la nostra emigrazione, mia e di tanti altri ragazzi di Montorio che ora viviamo qui a Milano, o al nord in genere, è cosa diversa.
La nostra è stata una scelta più consapevole, più voluta, forse non meno sofferta, ma Milano oggi come ieri continua ad essere il traino ed il faro per l’Italia intera.
Si ha sempre la sensazione che qui accada qualcosa…..e di poterlo vivere prima degli altri.
Di una cosa però continuo ad essere certa, per me e per tutti quelli che come me sono partiti, che quel biglietto del treno non ha mai avuto solo un’andata, il ritorno è sempre quello sul nostro colle, al nostro amato Montorio.

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