Giochi del destino, ho visitato la Libia nel gennaio 2011, quando anche nel mezzo delle convulsioni della cosiddetta “Primavera Araba” in paesi come la Tunisia, l’Egitto o nel Golfo Persico, nulla faceva pensare che solo due settimane dopo sarebbe scoppiata una rivoluzione che fece precipitare il paese in un’orrenda guerra civile, e che un regime che sembrava saldamente insediato e festeggiava il suo 41° anniversario sarebbe scomparso nel giro di pochi giorni e il suo capo sarebbe morto nella rivolta.
Ricordo che nei miei giorni a Tripoli cenavo in un piccolo ristorante di ampie vetrate con vista privilegiata su quella che allora si chiamava Piazza Verde, cuore della città, e l’accesso alla Città Vecchia, e qualche giorno dopo e giá tornato a casa ho visto in televisione immagini di combattimenti in quella stessa piazza e di come un combattente sparava, riparandosi proprio nell’angolo dov’era il mio tavolo preferito.
La Libia è un paese storicamente legato all’Italia, non solo per la sua vicinanza geografica e per essere stato colonia italiana tra il 1911 e il 1943, ma anche per aver fatto parte dell’Impero Romano, che ha lasciato in eredità magnifici edifici di antiche cittá dell’epoca imperiale.
La mia visita in Libia è stata un’escursione individuale con una guida di lingua inglese, ma in ognuno dei siti visitati era normale che ci fosse una guida locale per il tour del luogo. E queste guide mi offrivano di solito la possibilità di fare la visita guidata in inglese o in italiano, dato che parlavano fluentemente la nostra lingua, qualcosa di insolito nel turismo internazionale e che non mi è successo in nessun altro paese al di fuori dell’Italia.
Naturalmente, con grande gioia ho fatto tutte queste visite in italiano.
Tra le tante testimonianze che il territorio libico offre di epoca imperiale, il gioiello della presenza romana è Leptis Magna. Questa città, situata 125 km a est di Tripoli sul Mar Mediterraneo e dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, raggiunse il suo apogeo all’inizio dell’anno 193 con l’ascesa al trono imperiale di Lucio Settimio Severo, che era nato lí. Da imperatore romano l’ebbe come la sua preferita tra tutte le città di provincia, poiché con tutti gli edifici e le ricchezze di cui dotò la città, ne fece una delle più importanti dell’Africa, diventando addirittura rivale di Cartagine e Alessandria.
Ma non è l’unica. La Libia è stata colonizzata da varie potenze nel corso della storia e il suo patrimonio culturale mostra i resti di città greche, romane e bizantine, tra le altre.
Il territorio libico è stato dopo diviso tra l’Impero Romano d’Occidente e quello d’Oriente, per essere infine occupato dagli arabi e islamizzato nel VII secolo.
Nel settembre 1911 l’attuale territorio della Libia fu invaso dall’Italia. In quei giorni, Omar al-Mukhtar, detto “Il Leone del Deserto”, organizzò e guidò per quasi vent’anni la resistenza contro il controllo italiano della Libia. Fu catturato e impiccato nel 1931 ed è attualmente considerato un eroe nazionale.
Dopo 10 anni di guerra, gli italiani iniziarono a colonizzare con successo il territorio, soprattutto sulla costa, e nel 1934, unendo le regioni della Tripolitania e della Cirenaica, venne creata l’attuale “Libia”.
Il periodo coloniale mostra anche le sue tracce in Libia. Ricordo un’enorme cattedrale a Bengasi, la città più importante della regione orientale del Paese, la Cirenaica.
E a testimonianza delle vicissitudini della storia, nel centro di Tripoli c’è un’antica moschea, che in origine era tale, poi cattedrale italiana e, dopo l’indipendenza, di nuovo tempio islamico.
Il dominio italiano sulla Libia durò fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando nel 1943 le truppe britanniche ei loro alleati cacciarono le forze dell’Asse italo-tedesco dal Nord Africa.
Una delle battaglie più famose e sanguinose sul suolo libico fu il lungo assedio della città di Tobruk, difesa da truppe alleate per lo più australiane e britanniche, e attaccata dalle forze tedesche e italiane che avanzavano verso l’Egitto. Nel piccolo museo militare sono conservati vari cimeli di quella lotta, ma soprattutto nelle trincee in prima linea intorno a Tobruk, dove ancora oggi si trovano facilmente resti di schegge e proiettili tra le sabbie del deserto.
La Libia ottenne l’indipendenza nel 1951, costituendosi come regno sotto il monarca Idris I, fino a quando, dopo la rivoluzione del 1969, prese il potere il colonnello Muammar El Gheddafi, che governò fino al suo rovesciamento e morte pochi giorni dopo la mia visita nel paese.
Nel 2008 l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il dittatore Gheddafi avevano firmato a Tripoli un Trattato di Amicizia nel quale l’Italia si scusava per gli abusi commessi in epoca coloniale, oltre ad altri accordi economici.
Purtroppo, questo bellissimo Paese che non ha praticamente mai conosciuto la libertà, adesso si trova diviso tra settori che lottano per il controllo totale, mantenendo diverse regioni sotto le rispettive giurisdizioni e facendo precipitare la Libia in una sanguinosa e distruttiva guerra civile.
L’anarchia che regna oggi in Libia rende facile per le navi che trasportano emigranti africani che cercano di entrare in Europa attraverso il Mediterraneo per uscire quotidianamente dalle sue coste.
Qualcosa che non avrei mai potuto immaginare, quando passeggiavo con calma lungo il lungomare di Tripoli e davanti a un mare bellissimo, che presto avrebbero assistito a un bagno di sangue.
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